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Aya

Aya

Aya di Moufida Fedhila

Moufida Fedhila dirige un cast con un potenziale d’oro, motivo per cui i riconoscimenti non sono tardati ad arrivare. Vincitore di numerosi premi di stampo internazionale come lo Jury Prize – Cinéma du Monde Film Festival o il Best Short Film – al Festival del Cinema Africano, Asia e America Latina, a Milano, “Aya” approda anche a “Passaggi d’autore: intrecci mediterranei”, Festival dedicato ai migliori cortometraggi realizzati nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo giunto alla XIV edizione. In una Tunisia inverosimilmente contemporanea per una liturgia occidentale, la piccola Aya, di sette anni, -interpretata da una talentuosa May Berhouma – vive un’infanzia difficile fatta di rigore e privazioni nella casa dei suoi genitori, Mariem e Youssef (Afef Ben Mahmoud e Ghanem Zrelli). Youssef è un padre severo, categorico, capace di gesti inconsueti perfino per un microcosmo molto umile e poco avvezzo agli sprechi. La bambina nasconde i giocattoli per evitare che il padre glieli butti, come già successo. I luoghi che appaiono sullo schermo sono quelli della vita quotidiana: l’abitazione, la scuola, il negozio in cui l’unico maschio della famiglia porta avanti l’attività commerciale fonte di sostentamento. Il corto procede con un ritmo la cui calma è propria di una realtà poco incline al cambiamento; eppure un cambiamento, sebbene quasi impercettibile, si registra. Il capofamiglia appartiene all’ordine dei salafiti: una scuola di pensiero sunnita che identifica le prime tre generazioni di musulmani, da qui il termine “compagni” ricorrente durante tutto il corto, per indicare gli altri commilitoni di virtù religiosa. Youssef sogna una moglie obbediente e fedele, come il modello di fede islamica più conservatore suggerisce, accondiscendente nell’indossare il niqab. Ma Mariem il velo integrale non lo vuole portare, venendo perciò accusata di essere una debole seguace e rischiando di subire il discredito sociale e l’allontanamento dalla comunità. La diversità di vedute genitoriali segna profondamente e turba la piccola protagonista che studia il Corano malvolentieri e vorrebbe giocare con i maschi, ma le viene ricordato che così facendo non incontrerà mai Allah. In una visione distopica del credo religioso, Aya inizia a trasformarsi nella figlia perfetta, esacerbando il processo di fede e indossando lei stessa il niqab, imposto solo alle donne adulte. Le canzonate dei compagni, rei di apostrofarla “Batman”, logorano una madre la cui voglia di rivalsa cresce in un climax che culmina nel finale, quando lo spettatore capisce che la donna non si piegherà più, sognando per la figlia un futuro diverso e più giusto. Con uno linguaggio pacato e stilisticamente asciutto, la regista riesce a trasmettere, in mondo molto naturale e senza violente sferzate, il desiderio di modernità comune a molte donne islamiche.

Regia: Moufida Fedhila, 2017, 24’.
Sceneggiatura: Moufida Fedhila e Mehdi Hmili.
Cast: Afef Ben Mahmoud, Ghanem Zrelli, May Berhouma, Bahri Rahali, Mourad Gharsalli, Aymen Ben Hmida, Ahmed Berhouma, Mehrez Hosni, Imen Sghaier, Faycal Methamem.
Produzione: Street Production / Yol Film House / Appel d’Air Films.

Recensione di Giulia Sanna

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