Recensioni

Focus Slovenia

Focus Slovenia

Un mix perfetto tra film di finzione, documentari e animazione: in grande stile la Slovenia cavalca la cresta dell’onda all’interno della XIV edizione del Festival Passaggi d’Autore – Intrecci Mediterranei proponendo, nel focus a lei dedicato, una variegata scelta di cortometraggi. Innumerevoli le tematiche trattate e gli stili adottati: Dušan Kastelic, ad esempio, si serve dell’animazione per veicolare messaggi che viaggiano su piani molto distanti fra loro: se con ?ikorja‘en kafe crea un’opera dai toni abbastanza leggeri, con Celica affronta un tema scottante a livello socio-politico. La scatola del titolo è quella in cui tutti noi siamo imbrigliati e nella quale inevitabilmente veniamo sbattuti se proviamo a ribellarci. Duša Kastelic affronta con coraggio un tema – quello dell’omologazione– così vivo al giorno d’oggi e lo fa attraverso uno stile che gli permette di smorzare i toni per poi diffondere più efficacemente il messaggio. Più intimista, invece, sebbene sia complesso riconoscerlo a primo impatto, è Fundamenti di Peter Cerovšek, che racconta una relazione sentimentale in maniera poco convenzionale, incastonandola nella rappresentazione dei lavori all’interno di un cantiere, inquadrato prevalentemente con campi lunghi. Maggiormente autobiografica è la storia narrata nell’ibrido Zamejen da Leo Cernic, per metà italiano e per metà sloveno; il film intreccia – rientrando pienamente nello spirito del festival per l’appunto definito Intrecci Mediterranei – in un sapiente miscuglio di animazione, inserti documentaristici, foto d’archivio e foto della sua famiglia alcuni momenti della sua esistenza; indimenticabile, per esempio, è la spontaneità della madre che canta.

Jan Cvitkovic nel suo Srce je kosmesa racconta una storia d’amore alquanto comune: ciò che colpisce non è “cosa” ma “come” narra. Innanzitutto, costruisce un film muto nella cui colonna sonora riecheggiano solamente i rumori d’ambiente, con la musica solo nei titoli di testa e di coda. È la storia di un amore che non inizia mai: lui, macellaio di grossa stazza, ogni giorno si reca a lavorare e, per tornare a casa, prende la corriera sulla quale incontra puntualmente una donna. I due si guardano, si scambiano sfuggenti sorrisi e sospiri ma niente di più accade. È qualcosa di sospeso che non vedrà mai una svolta. Il regista si sofferma principalmente sui dettagli degli oggetti: la carne, le scarpe, la pentola sul fuoco, l’acqua che bolle, i cruciverba che il protagonista fa comodamente seduto sulla sua poltrona. Non è casuale che i due protagonisti siano privi di un nome e di un’identità specifica: il regista non punta a raccontare la storia di due persone ben individuabili nel tessuto sociale sloveno ma si sofferma sulla storia di un uomo comune che è una storia universale. I loro incontri sono silenziosi, effimeri, pronti a svanire subito eppure restano impressi nella mente. È sufficiente il tempo del viaggio per vivere questi istanti e poi tutto di colpo finisce. Žiga Virc affronta il tema della diversità sfruttando come genere l’horror: in Selitev affronta la paura del diverso che sfocia nella paranoia e in varie manie di persecuzione della protagonista. L’atmosfera è fortemente angosciante, anche grazie all’alternanza di scene girate in esterni e altre in interni. È evidente il richiamo a Vertigo di Hitchcock nelle vorticose, e spesso ripetute, inquadrature delle scale. La scena in cui la ragazza si fa la doccia sembra una chiara citazione a Psycho. Da Žiga Virc ad Alfred Hitchcock è un attimo: il regista sloveno non può fare a meno di condire il tutto con un po’ di sano voyeurismo, a mo’ di Rear Window: un campo lungo, un’inquadratura fissa, la finestra della sua casa illuminata e intorno buio pesto. La rassegna dedicata alla Slovenia si distingue per via della sua particolare complessità grazie a cortometraggi innovativi e sperimentali capaci di far entrare lo spettatore nelle tradizioni di un paese completamente differente ma affine – per certi versi – al nostro.

Eleonora Alessandra Spiga

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