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J’ADOR di Simone Bozzelli

J’ADOR di Simone Bozzelli

Siamo a Roma, il campetto di calcio è occupato da un gruppo di ragazzi tra i quali si fa spazio Claudio. Di lui Simone Bozzelli ci vuole raccontare una storia lunga una notte, accompagnandoci nella fatica del farsi accettare dal cerchio dei più forti.
Tutto inizia proprio col titolo del film: Lauro, il leader della compagnia, scrive sulla fronte del protagonista “J’ador”, perché se i suoi vestiti non hanno “odore di uomo”, con loro non può stare. Claudio si destreggia tra i suoi coetanei con l’animo di un ragazzo che ha bisogno di appartenere a un posto, anche se quello sbagliato, pur di sentirsi adatto. Il sole è alto sopra il campetto, le luci giallastre, e Claudio vuole mettercela tutta per andare, la sera, a quella cena con la comitiva.
Il protagonista dovrà vedersela con la delinquenza, l’arroganza, la prepotenza, lati di sé che sappiamo non gli appartengono; è tra le luci blu del negozio alimentare, dove i suoi compagni vogliono rubare, che dovrà mostrare insolenza; è nel bagno illuminato di rosso che dovrà provare a Lauro, e forse anche a sé stesso, che merita di essere accettato.
J’ador ci regala un pezzo di noi, quello dell’adolescente che ritiene indispensabile il sì dell’altro. Ci riporta alla determinazione nel volersi conformare a tutti i costi, anche sacrificando le parti più pure del nostro essere.
È un corto che parla chiaro, non solo agli adolescenti, ma mette in guardia anche gli adulti su un argomento che Bozzelli è riuscito a riassumere, in maniera completa, in soli sedici minuti: attraverso la storia di un ragazzo che vende la sua individualità per integrarsi alla collettività, ci imbattiamo in una realtà che prescinde dall’età dello spettatore e che tutti possono rendere propria.
Preso di mira, schernito e deriso fino all’ultimo istante del film, Claudio riesce comunque ad ottenerlo quel sì da Lauro; il sorriso finale del protagonista ci svela però un viso che fino a quel momento era stato coperto dalla maschera di una persona che non gli appartiene. Claudio, quella mattina, ha lasciato il suo profumo e la sua ingenuità tra il terriccio del campetto da calcio.

Valentina Tradori

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